Pubblicato in: Psicoterapeuti in Rete
Dai dualismi ai sistemi
Perché ci si dovrebbe approcciare ad un orientamento sistemico quando si vuole studiare l’essere umano? Cosa ci aiuta a capire perché si ammala, cosa in lui si ammala, cosa lo può aiutare a guarire, quali sono le sue risorse, le sue potenzialità?
Oggi sono molti gli orientamenti che determinano i focus in base ai quali ci si approccia in terapia all’essere umano ed orientarsi non è facile per chi non ha ancora acquisito una visione di insieme.
Con questo articolo ci proponiamo di accompagnare brevemente il lettore ad osservare in linea generale il cambiamento storico e paradigmatico che ha segnato lo studio della comprensione dell’essere umano. Partendo da un approccio riduzionistico e giungendo naturalmente ad allargare lo sguardo ai sistemi in cui l’uomo è inserito, perché quanto più complesso e meno riduzioni stico è l’approccio tanto più sembra che ci si avvicini a comprendere l’uomo nella sua vera natura.
IL DUALISMO MENTE-CORPO
Platone fu il primo ad introdurre la distinzione tra anima e corpo che si connotava come un dualismo irriducibile. Egli sosteneva l’indipendenza e l’irriducibilità di queste due sostanze. L’anima, al contrario del corpo, era considerata immortale e continuava a vivere dopo la morte.
Nel seicento la scienza fu profondamente influenzata da Cartesio, che intendeva anima e corpo appartenere a due regni paralleli, ma fondamentalmente diversi: la res extensa governata da leggi meccaniche e la res cogitans libera o immortale. L’anima era chiaramente identificata con la coscienza e poteva influire sul corpo interagendo con esso, attraverso la ghiandola pineale.
L’influenza del paradigma cartesiano sul pensiero medico è all’origine del modello biomedico, presupposto teorico della moderna medicina scientifica che ancora oggi viene in parte influenzata dal dualismo mente e corpo, sostenendo la “nozione di corpo come macchina, della malattia come conseguenza di un guasto della meccanica e del medico come colui che ha il compito di intervenire per riparare la macchina .
L’adesione della medicina occidentale alla visione dualistica cartesiana, da cui è derivato il cosiddetto approccio riduzionistico, ha avuto un effetto anche sul rapporto medico-paziente.
Da Ippocrate in poi, infatti, la persona portatrice di sintomi è stata sempre meno considerata come un tutto e sempre più come una somma di parti scollegate, da isolare e curare. La medicina moderna sembra non essere in grado di occuparsi del fenomeno della “guarigione” proprio perché questa non può essere compresa in termini riduzionistici.
UNA VISIONE CHE COLLEGA
Prima di questa artificiosa distinzione tra anima e corpo, la guarigione è stata praticata da guaritori popolari guidati dalla sapienza popolare che vede nella malattia un disturbo dell’intera persona, che coinvolge corpo e mente. Attraverso rituali e cerimonie, essi tentavano di influire sulla mente del malato, aiutandolo a stimolare le sue capacità di reagire alla malattia che ogni organismo possiede naturalmente.
Parallelamente alla medicina, analoga visione dualistica hanno attraversato le scienze del comportamento, che sono andate sempre più occupandosi di un uomo senza corpo , cioè di una macchina priva di substrato biologico, dotata solo di un cervello che funzionava grazie a meccanismi in gran parte sconosciuti.
I limiti di una visione dicotomica cartesiana sono, quindi, evidenti anche nelle scienze psicologiche. Cartesio oltre ad istituire una divisione tra mente e corpo, suggerì anche vari modi per studiarli: l’anima (o la mente), doveva essere studiata mediante l’introspezione, il corpo con i metodi della scienza naturale. Gli psicologi, hanno tuttavia adottato entrambi i metodi, creando in tal modo alcune scuole di pensiero, come ad esempio lo strutturalismo e il comportamentismo. Gli strutturalisti studiarono la mente attraverso l’introspezione e tentarono di analizzare la coscienza scomponendola nei suoi elementi di base, mentre i beheavioristi si concentrarono esclusivamente sullo studio del comportamento e furono così indotti ad ignorare o addirittura negare l’esistenza della mente.
La psicoanalisi si è posta primariamente il problema del rapporto psiche-soma risolvendolo, grazie agli studi sull’isteria, con il “processo di conversione somatica”. Freud non riuscì a fornire una spiegazione soddisfacente in termini fisiologici, così come era nelle sue intenzioni, sebbene riconobbe nel concetto di “pulsione” il punto di aggancio fra la vita biologica e quella psichica.
Il somatico escluso dalla psicoanalisi era il corpo impersonale, anatomico (ciò che la fenomenologia di lingua tedesca chiama Kòrper), mentre il somatico interno alla struttura psicoanalitica era il corpo vissuto, rappresentato (il Leib fenomenologico).
Negli anni ’40, in Germania, G. Groddeck, allievo di Freud, fu il primo a studiare l’intimo legame tra tutte le funzioni del nostro organismo con particolar riguardo al rapporto tra psiche e soma. Con lui, è iniziato ad affermarsi un concetto di medicina globale, con i relativi effetti sul rapporto medico-paziente.
Nel suo libro “La natura guarisce, il medico cura” egli chiarisce, infatti, che il compito del medico non è di guarire il malato, ma di curarlo, di spianare la strada alla natura, affinché essa lo possa guarire .
UN PARADIGMA RIVOLUZIONARIO
Negli ultimi decenni, si assiste ad un progressivo cambiamento grazie alla teoria dei sistemi, che capovolge la visione Cartesiana e Newtoniana della realtà e che ci porta verso una visione fondata sulla consapevolezza dell’essenziale interrelazione e interdipendenza di tutti i fenomeni: fisici, biologici, psicologici, sociali e culturali.
I sistemi sono totalità integrate le cui proprietà non possono essere ridotte a quelle di unità minori. In ogni sistema ci sono sottosistemi, intesi come organismi relativamente autonomi pur essendo componenti di un organismo maggiore; potremmo, in tal caso, parlare di “olone” usando un termine introdotto da Koestler.
Ogni organismo è un tutto integrato ed è quindi un sistema vivente. Contrariamente alle macchine che funzionano secondo catene lineari di causa-effetto, il funzionamento di organismi è guidato da modelli ciclici di flusso di informazione noti come anelli di retroazione (Feedback Loops). Quando un sistema smette di funzionare, l’interruzione è causata di solito da fattori multipli che possono amplificarsi per mezzo degli anelli di retroazione.
Lo sviluppo della malattia implica la continua interazione tra fenomeni psichici e somatici che si rafforzano l’un l’altro attraverso questa rete di anelli di retroazione.
Questa visione dinamica della malattia riconosce la tendenza innata dell’organismo a guarire, a ritornare in uno stato di equilibrio, cosa che potrebbe comportare fasi di crisi e mutamenti importanti nella vita. Questa connessione sistemica, non lineare, tipica degli organismi viventi, dimostra non solo la fallacia del “determinismo genetico”, ma mette in crisi anche i tentativi della scienza biomedica di associare malattie con cause univoche, siano esse psichiche o somatiche.
Le radici delle nuove scienze mediche occidentale, affondano nella tradizione della medicina ippocratica, che rispecchia questa visione sistemica, sebbene molti aspetti siano stati indebitamente trascurati.
La dottrina ippocratica libera la medicina da visioni magiche e religiose, con l’obiettivo di farne una scienza basata su un metodo sicuro e razionale di diagnosi e di terapia.
Oltre a valutare l’importanza delle influenze ambientali sulla malattia (aria, acqua, cibo, abitudini di vita, etc.) e a riconoscere l’interdipendenza tra anima e corpo, Ippocrate parlò di forze sanatrici intrinseche agli organismi viventi, forze che egli definì il potere sanatore della natura. Il ruolo del medico era, quindi, quello di aiutare queste forze naturali, creando le condizioni più favorevoli al processo di guarigione. Il termine “terapia” deriva dal greco therapeuein, che significa proprio “assistere”.
Possiamo, oggi, alla luce di questi insegnamenti, considerare la salute come un fenomeno multidimensionale, implicante aspetti fisici, psicologici e sociali interdipendenti.
A ben dire, la visione sistemica segna un vero cambiamento paradigmatico che affonda le radici nel passato e che si nutre di saperi e scienze orientali. E’ importante tener conto di questo cambiamento sia nello sviluppo di teorie, sia di modelli che di tecniche, affinché queste possano essere all’avanguardia ed efficaci per lo sviluppo e l’evoluzione di tutte le scienze, in primis di quelle che hanno la grande ambizione di occuparsi dell’essere umano.
Dott.ssa Duala Grassini
dott.dualagrassini@gmail.com
BIBLIOGRAFIA
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