Pubblicato in: Psicologia e Benessere
UN VIAGGIO ALLA SCOPERTA DELL’ADOLESCENZA.
VOGLIO ESSERE COME TE, MA UNICO AL MONDO
Adolescenza, questa sconosciuta
Si intende per adolescenza quel periodo della vita dell’ individuo compresa tra la fanciullezza e l’età adulta. Essa comincia con la pubertà e si conclude quando il giovane si è formato come individuo autonomo ed è in grado “di stabilire rapporti significativi con un’ altra persona, con i gruppi di riferimento più prossimi e con il proprio ambiente di vita più ampio, sia sul piano sessuale e affettivo, sia sul piano operativo e istituzionale” (Palmonari, 2001,pp.8).
Vittorino Andreoli definisce l’adolescenza come il tempo della metamorfosi del corpo, della ristrutturazione della personalità e delle relazioni con l’altro, sottolineando come questo stravolgimento determini una profonda crisi d’identità per l’adolescente, rendendo questa fase il tempo dell’insicurezza e della paura. Il fanciullo diviene adolescente con la maturità fisica, l’adolescente diviene uomo con la maturità sociale: oggi più che mai si sta amplificando il divario di tempo tra la pubertà e il raggiungimento da parte dell’individuo di uno status sociale che lo identifica come adulto.
L’adolescenza è un evento critico che mette a dura prova la capacità di adattamento e flessibilità dell’intera organizzazione e struttura familiare: si tratta di una sfida evolutiva che coinvolge sia l’adolescente che la coppia genitoriale. L’adolescenza, per questo, è stata definita “un’impresa evolutiva congiunta” di genitori e figli (Scabini in Mascellani e Andolfi , 2010), che è caratterizzata da una trasformazione e ristrutturazione dei legami preesistenti.
Ogni cambiamento interno al sistema, comporta una rielaborazione e assegnazione dei ruoli e delle funzioni che si trasformano nel tempo, e che vengono assunte e interpretate in modo nuovo dagli altri componenti.
L’ingresso di un figlio nell’adolescenza costituisce un evento critico che pone la famiglia di fronte a cambiamenti complessi, mettendo alla prova le sue capacità adattive. Secondo Salvador Minuchin (in Monti, G. Et al., 2018) l’adolescente vive in uno stato di continua oscillazione tra il desiderio di autonomia e il desiderio di dipendenza; tra bisogni di attaccamento e cura e bisogni esploratori. Per i genitori l’adolescenza dei propri figli può divenire occasione di rivisitazione del proprio processo di separazione-individuazione dalle famiglie d’origine. La famiglia affronta il difficile compito di essere base sicura e al contempo favorire l’individuazione dei figli (Monti, G. Et al., 2018).
Durante il periodo adolescenziale i ragazzi sperimentano nuove conoscenze, capiscono di più del mondo che li circonda e delle sue regole, ed in famiglia tendono ad introdurre nuove idee e nuovi valori, mettendo a volte in discussione le figure genitoriali. Questo è il momento nel quale i ragazzi iniziano a volersi muovere in modo sempre più autonomo nell’ambiente sociale, e a tollerare sempre meno le regole della famiglia. Molto spesso questa difficile fase avvicina gli adolescenti a comportamenti disfunzionali che possono confluire principalmente in due direzioni: un atteggiamento sfidante che può sfociare in fuga reale da casa, fuga psicologica o “fuga dal mondo”, di violenza eterodiretta (gesti distruttivi verso la famiglia o la società) o violenza autodiretta (uso di droga, alcol, disturbi alimentari, autolesionismo) ( Andreoli, in Mascellani e Andolfi, 2010). All’opposto, un’altra modalità, è quella in cui l’adolescente resta in famiglia aderendo acriticamente e totalmente ai suoi valori, accedendo al mondo adulto che riprodurrà in modo passivamente imitativo (Meltzer, in Mascellani e Andolfi, 2010).
La famiglia dell’adolescente (specie i genitori) è messa di fronte al compito non semplice di conciliare la propria tendenza al mantenimento dell’unione familiare con una nuova e a volte anche intensa sollecitazione del figlio, che vuole trasmettere nuovi punti di vista e nuove forme di relazione.
Alla conquista della propria autonomia
Rispetto alle fasi di sviluppo della famiglia stessa , intesa come organismo fatto da più persone in stretta e vitale relazione tra di loro, una delle aspirazioni è quella di favorire in modo protetto il processo di separazione psicologica dell’adolescente dai genitori, permettendo cioè al giovane di costruirsi un’identità propria e separata ma al contempo non permettendo che la famiglia si sfaldi nelle sue linee costitutive di fronte alle spinte spesso confuse e poco finalizzate del ragazzo.
Bowen descrive la famiglia come il territorio nel quale si sviluppa la massa indifferenziata dell’io familiare, un’identità emotiva conglomerata il cui grado di intensità determina il livello di coinvolgimento di tutti i membri e le possibilità di svincolo e di differenziazione del sé di ciascuno. Il grado di differenziazione del sé definisce l’opportunità di ciascun individuo di differenziarsi rispetto alla massa dell’io familiare e, nella conquista dell’autonomia e nella definizione della propria identità, l’adolescente deve esplorare emotivamente la possibilità di vivere indipendentemente dalle figure di riferimento (Monti, G. Et al., 2018).
Questo processo, che è parte della “separazione-individuazione” (Blos, in Mascellani e Andolfi, 2010), è piuttosto complesso e spesso produce nel suo svolgersi ansia sia nel ragazzo che nei genitori. Per realizzarsi compiutamente questa separazione-individuazione richiede che siano stati interiorizzati rapporti stabili e di fiducia tra i membri della famiglia. La separazione – individuazione non è un processo appartenente al singolo individuo, ma è un processo che investe e interessa l’intero sistema familiare. Idealmente la famiglia dovrebbe tendere a raggiungere un equilibrio tra due spinte opposte: da un lato favorire il cambiamento e l’indipendenza emotiva (quindi separarsi dall’adolescente e dunque un po’ “dividersi”), dall’altro restare unita per poter essere una base sicura proprio per il ragazzo, soprattutto nei momenti di difficoltà.
L’adolescente, da una parte, reclama la sua autonomia e indipendenza, dall’altra è ancora molto dipendente dalla famiglia. Possiamo rappresentare la precarietà sospesa e, insieme, lo slancio di tale periodo evolutivo, ricorrendo all’immagine del trapezista che ha già lasciato il primo trapezio ma non ha ancora afferrato il secondo. La transizione verso l’età adulta si realizza attraverso un processo di differenziazione reciproca tra le generazioni e attraverso un processo di individuazione correlato. Come ci ricordano Scabini e Cigoli, l’appartenenza ad una comune matrice (la storia delle generazioni) e l’affidabilità del legame che unisce, consentono di avventurarsi nella differenziazione. Essa sottolinea e poi fa emergere gli aspetti di unicità, vuoi del figlio, vuoi dei genitori, sia come singoli, sia come coppia, e produce reciprocità e interdipendenza.
Non sempre però è facile assecondare le oscillazioni del proprio figlio e la sua crescente autonomia senza sentirsi minacciati, o anche abbandonati e messi da parte. Ad esempio se la famiglia non è abbastanza flessibile ad accettare il cambiamento o se le necessità funzionali familiari non consentono una modificazione dei rapporti, il figlio non sarà in grado di differenziarsi e rimarrà vincolato alla famiglia in un’ eterna adolescenza o produrrà un sintomo. È il caso della famiglia invischiata cioè quella in cui i confini, i ruoli e le funzioni appaiono confusi. Ogni membro mostra intrusività nei confronti degli altri, non esistono spazi personali, sia fisici che psichici, c’è una forte resistenza al cambiamento, a riconoscere i conflitti ed i problemi, un forte impegno solo nell’apparire una famiglia armoniosa. In queste famiglie esisterebbe un grande senso di lealtà ed un obbligo nei confronti degli altri membri.
Il concetto di minaccia porta a quello che Boszormenyi–Nagy e Spark (in Andolfi, 2015), chiamano lealtà invisibili”. Queste sono una forza sistemica, funzionale al mantenimento del gruppo multigenerazionale, che lega i membri gli uni agli altri attraverso un invisibile tessuto di aspettative. Esiste nelle famiglie un bilancio invisibile, trascritto su un libro dei conti immaginario, in cui gli obblighi passati e presenti influenzano la consegna di ruoli e di aspettative secondo quella che è l’etica dei rapporti e il senso di giustizia formato all’interno della famiglia.
Possiamo asserire, quindi, che anche i genitori, così come i loro figli adolescenti, si trovano ad affrontare una vera e propria crisi di identità: essi, infatti, grazie all’ingresso nell’adolescenza della propria prole si trovano nella condizione di dover accettare che la loro giovinezza è passata.
C’è bisogno di fare i conti con il definitivo ingresso nell’età matura, con tutto ciò che ne comporta, comprese la separazione definitiva della propria famiglia di origine ( magari dovuta ad una perdita per malattia o morte) e le modificazioni che pian piano ed irreversibilmente vengono assunte dal corpo a causa dell’invecchiamento. Anche i genitori, dunque, si trovano ( come i figli) a dover elaborare dei cambiamenti: i ragazzi da un lato perdono “l’innocenza dell’età infantile”, mentre i genitori, dall’altro, perdono la loro forza biologica e il loro ruolo di genitori “onnipotenti” in quanto subiscono la ridefinizione ad esseri umani da parte dei figli.
Verso nuovi orizzonti e possibili equilibri
L’ingresso nell’adolescenza conduce inevitabilmente anche ad un cambiamento significativo nella relazione di coppia. Ora che i figli sono cresciuti e l’impegno genitoriale diminuisce progressivamente, i coniugi iniziano a ritrovarsi nuovamente da soli (come all’inizio della loro storia) e ad avere maggiore tempo da dedicare a se stessi e all’altro.
Questa ritrovata solitudine sollecita l’esigenza di dover ridefinire la relazione coniugale investendola di nuove energie. Ora che i figli sono diventati più grandi e mostrano maggiore slancio verso la propria autonomia manifestando isogni e desideri differenti, il solo fatto di essere dei genitori non basta più a supplire a qualche mancanza della coppia; di conseguenza eventuali lacune all’interno del rapporto tra i partner possono generare scompiglio. Questo fenomeno, definito da Lutte “sindrome del nido vuoto”, è ben conosciuto dagli studiosi della famiglia. La coppia, per restare salda, avrà bisogno di coltivare interessi culturali e sociali sia come singoli che congiuntamente, di valorizzare l’attività lavorativa di ciascuno, di reinventarsi e di riscoprirsi per trovare nuovi equilibri. Se i singoli e la coppia riescono ad elaborare questi cambiamenti, si attuerà un processo di ristrutturazione e un’evoluzione positiva della coppia stessa verso nuove modalità di relazione, altrimenti le tensioni potrebbero sfociare in una crisi ed un’eventuale separazione dei coniugi.
Bowlby ritiene che una delle più importanti caratteristiche dell’essere genitori è poter fornire una base sicura da cui un bambino o un adolescente possa partire per affacciarsi nel mondo esterno e a cui possa ritornare sapendo per certo che sarà il benvenuto. Secondo il pensiero dell’autore è il legame d’attaccamento con i genitori che svolge la funzione di regolazione emotiva e di facilitatore nel processo di graduale acquisizione di una maggiore autonomia da parte dell’adolescente. Nella conquista dell’autonomia l’individuo deve poter esplorare emotivamente la possibilità di vivere indipendentemente dalle figure di riferimento, essendo consapevole di poter sempre contare su di loro. La sensibilità e la responsività genitoriale si esprimono con l’apertura ed il contatto emotivo alla richiesta d’aiuto, attraverso il sostegno e la disponibilità ai graduali tentativi dei figli di raggiungere l’autonomia, l’auto-organizzazione e la stima di sé.
Il sostegno delle figure parentali si esplica anche nella capacità di accettare il comportamento altalenante del figlio (che prima chiede autonomia e poi sembra rinunciarvi domandando protezione ed accudimento), senza ridurlo ad un atteggiamento incoerente e irrazionale ma interpretandolo come tappa obbligata per il raggiungimento dell’autonomia emozionale. Perdendo e guadagnando terreno, nel lungo tragitto della vita, si arriva lontano. Come afferma Senise: “Se l’adulto accetta questa condizione e non si propone di fornire un’identità posticcia o inventata, se è disposto ad ascoltare con interesse rispettoso e non giudicante, se sa cogliere ed accogliere l’insicurezza palese o nascosta, lo sgomento espresso o in agguato, l’adolescente si sentirà riconosciuto nella sua ancora non raggiunta identità” (in Pelanda, 2003, p.30).
In conclusione possiamo affermare che l’adolescenza costituisce una tappa fondamentale sia per il ragazzo che per la rispettiva famiglia. Questa fase del ciclo di vita si manifesta portando con sé innumerevoli occasioni di riflessione e cambiamento che investono non solo il singolo individuo ma l’intero nucleo familiare. L’adolescente di fatto costituisce una preziosa risorsa per l’accesso a dinamiche familiari attraverso l’espressione di particolari atteggiamenti ed eventuali sintomatologie. Pertanto, il coinvolgimento dell’adolescente in un percorso terapeutico, in virtù della sua posizione, può fornirci un punto di osservazione privilegiato sulle dinamiche e sulle relazioni familiari, rappresentando una risorsa e una chiave d’accesso per poter affrontare questioni irrisolte nella famiglia.
BIBLIOGRAFIA
Andolfi, (2015).La terapia familiare multigenerazionale.Strumenti e risorse del terapeuta, Raffaello Cortina Editore
Bowlby, (1989).Una base sicura.Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento,Raffaello Cortina Editore.
Mascellani e Andolfi, (2010).Storie di Adolescenza.Esperienze di Terapia Familiare,Raffaello Cortina Editore
Lutte G.(1987), Psicologia degli adolescenti e dei giovani, Il Mulino, Bologna.
Monti, G. Et al.(2018).Adolescenza: un viaggio in bilico tra dipendenza e autonomia, in Ecologia della mente, 41(1).
Palmonari,A.(2001),Gli Adolescenti, Il Mulino, Bologna
Scabini E., Cigoli V.(2000), Il Famigliare.Legami, simboli e transizioni. Raffaello Cortina Editore, Milano.
SITOGRAFIA
https://www.performat.it/pubblicazioni-articoli/sistema-familiare-e-adolescenza/
https://psicologocesena.it/il-gioco-del-tiro-alla-fune-la-famiglia-adolescente/
I TIROCINANTI IN PSICOLOGIA DEL CENTRO STUDI KAIROS, COORDINATI DAL DOTT. VALERIO PANNONE, PSICOLOGO
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